Nata con la riproducibilità tecnica dell’arte e compiutasi, almeno parzialmente, con l’avvento della televisione, l’utopia del pubblico assume in questo percorso storico, che si snoda attraverso le moderne forme della comunicazione, i tratti di un’utopia compiuta. La folla, informata dall’ambiente metropolitano, matura progressivamente il desiderio e la possibilità di assumere la ribalta della scena, emancipandosi da una condizione di subalternità rispetto all’autore, al divo, all’esperto. Le prime esperienze del cinematografo ne svelano il ruolo matriciale, mentre la televisione la consacra come protagonista dello schermo. Se le “lettere al direttore” aprono le porte dei giornali ai lettori, trasformandoli per la prima volta in autori, la reality tv e i suoi meccanismi di funzionamento costituiscono il momentaneo punto di approdo del medesimo processo storico, che accresce ed estende erga omnes. Una rivoluzione dolce, che nella successione delle forme in cui si compie l’esperienza perfeziona la presa di parola dell’uomo ordinario. L’informazione cede il posto alla relazione, alla vita che si coniuga all’arte, e l’utopia del pubblico diviene concreta. Lo scivolamento del tempo sullo spazio caratteristico delle grandi narrazioni del passato diviene impraticabile perché la reality tv induce il pubblico a un comportamento basato sull’hic et nunc dell’esperienza, facendo venire meno uno dei presupposti dell’utopia, ovvero la sua irriducibile tensione verso il futuro.

L'utopia del pubblico nell'epoca della televisione

Tito Vagni
2016-01-01

Abstract

Nata con la riproducibilità tecnica dell’arte e compiutasi, almeno parzialmente, con l’avvento della televisione, l’utopia del pubblico assume in questo percorso storico, che si snoda attraverso le moderne forme della comunicazione, i tratti di un’utopia compiuta. La folla, informata dall’ambiente metropolitano, matura progressivamente il desiderio e la possibilità di assumere la ribalta della scena, emancipandosi da una condizione di subalternità rispetto all’autore, al divo, all’esperto. Le prime esperienze del cinematografo ne svelano il ruolo matriciale, mentre la televisione la consacra come protagonista dello schermo. Se le “lettere al direttore” aprono le porte dei giornali ai lettori, trasformandoli per la prima volta in autori, la reality tv e i suoi meccanismi di funzionamento costituiscono il momentaneo punto di approdo del medesimo processo storico, che accresce ed estende erga omnes. Una rivoluzione dolce, che nella successione delle forme in cui si compie l’esperienza perfeziona la presa di parola dell’uomo ordinario. L’informazione cede il posto alla relazione, alla vita che si coniuga all’arte, e l’utopia del pubblico diviene concreta. Lo scivolamento del tempo sullo spazio caratteristico delle grandi narrazioni del passato diviene impraticabile perché la reality tv induce il pubblico a un comportamento basato sull’hic et nunc dell’esperienza, facendo venire meno uno dei presupposti dell’utopia, ovvero la sua irriducibile tensione verso il futuro.
2016
televisione, reality show, vita quotidiana, pubblico, utopia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12606/8669
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