L'Autrice delinea, innanzitutto, gli ingiusti ed angusti limiti della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante “norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, una legge che si caratterizza per la chiara matrice ideologica subito esplicitata nel corpus normativo di strenua difesa dei diritti del concepito. Si passano, successivamente, in rassegna le prime censure di illegittimità costituzionale, per esaminare poi nel dettaglio la pronucnia della Consulta del 10 giugno 2014, n. 162 che interviene su una delle tematiche più complesse del dibattito giuridico attuale, ovvero il divieto assoluto del ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Della pronuncia sono evidenziate le ricadute di carattere sistemico ed ordinamentale. Quanto alla affermata incoercibilità della determinazione di creare una famiglia con figli, l'Autrice ritiene che qualificare “incoercibile”, non già il diritto di avere figli tout court, ma la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, sia una scelta coraggiosa e, pertanto, meritevole di riflessione atteso che solo una lettura riduttiva dell’art. 2 Cost. riduce i diritti inviolabili a quelli sanciti espressamente come tali nella prima parte della Costituzione. Si, evidenzia, altresì, come il divieto della fecondazione eterologa leda il principio di uguaglianza/ragionevolezza e il diritto alla salute dei cittadini, atteso che sulla scorta di siffatto divieto sono trattate in modo opposto coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l’uno o l’altro dei componenti della coppia. L'Autrice si sofferma, poi, su altro precipitato della decisione in questione, rappresentato dall’introduzione nel nostro sistema giuridico dell’attribuzione di uno status, nella specie quello di figlio, non corrispondente alla realtà biologica, ciò in quanto la fecondazione eterologa, ormai definitivamente ammessa nel nostro ordinamento, conduce alla separazione del valore costitutivo dello status dal fatto biologico della generazione, derogandosi all’ incontestabile regola del nostro sistema, secondo cui lo status filiationis risale al fatto naturale del concepimento tra un uomo e una donna, peraltro, come noto, a prescindere dall’esistenza di un rapporto coniugale. L'indagine prosegue sul diritto del nato da fecondazione eterologa di conoscere le proprie origini biologiche, evidenziando che nel pronunciamento della Consulta si è affermato che il diritto del figlio a uno status conforme al dato biologico, nonché all’identità e a uno sviluppo libero e autonomo della propria personalità, non assurge ad un livello di tutela assoluta e incondizionata, ma va ragionevolmente bilanciato ed appare nettamente recessivo all’interesse della coppia alla filiazione e, più precisamente, rispetto al diritto della coppia a non subire interferenze nell’esercizio della propria libertà di formare una famiglia con figli. Altro problema evidenziato dall'Autrice e derivante dal ricorso a determinate tecniche di procreazione, che pure si impone all’attenzione del giurista , stante il definitivo riconoscimento della fecondazione eterologa nel nostro sistema giuridico, attiene alla posizione giuridica e ai margini di tutela del profilo identitario del nato da fecondazione eterologa rispetto alla sua dimensione biologica. Dalle riflessioni svolte, emerge con tutta evidenza che il tema della fecondazione eterologa – che la pronuncia della Consulta ha nuovamente (im)posto all’attenzione del giurista – si presta a molteplici spunti di analisi e di riflessione.
La Consulta apre un'ulteriore breccia nella legge n. 40 del 2004: illegittimo il divieto di fecondazione eterologa
MITE F
2014-01-01
Abstract
L'Autrice delinea, innanzitutto, gli ingiusti ed angusti limiti della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante “norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, una legge che si caratterizza per la chiara matrice ideologica subito esplicitata nel corpus normativo di strenua difesa dei diritti del concepito. Si passano, successivamente, in rassegna le prime censure di illegittimità costituzionale, per esaminare poi nel dettaglio la pronucnia della Consulta del 10 giugno 2014, n. 162 che interviene su una delle tematiche più complesse del dibattito giuridico attuale, ovvero il divieto assoluto del ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Della pronuncia sono evidenziate le ricadute di carattere sistemico ed ordinamentale. Quanto alla affermata incoercibilità della determinazione di creare una famiglia con figli, l'Autrice ritiene che qualificare “incoercibile”, non già il diritto di avere figli tout court, ma la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, sia una scelta coraggiosa e, pertanto, meritevole di riflessione atteso che solo una lettura riduttiva dell’art. 2 Cost. riduce i diritti inviolabili a quelli sanciti espressamente come tali nella prima parte della Costituzione. Si, evidenzia, altresì, come il divieto della fecondazione eterologa leda il principio di uguaglianza/ragionevolezza e il diritto alla salute dei cittadini, atteso che sulla scorta di siffatto divieto sono trattate in modo opposto coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l’uno o l’altro dei componenti della coppia. L'Autrice si sofferma, poi, su altro precipitato della decisione in questione, rappresentato dall’introduzione nel nostro sistema giuridico dell’attribuzione di uno status, nella specie quello di figlio, non corrispondente alla realtà biologica, ciò in quanto la fecondazione eterologa, ormai definitivamente ammessa nel nostro ordinamento, conduce alla separazione del valore costitutivo dello status dal fatto biologico della generazione, derogandosi all’ incontestabile regola del nostro sistema, secondo cui lo status filiationis risale al fatto naturale del concepimento tra un uomo e una donna, peraltro, come noto, a prescindere dall’esistenza di un rapporto coniugale. L'indagine prosegue sul diritto del nato da fecondazione eterologa di conoscere le proprie origini biologiche, evidenziando che nel pronunciamento della Consulta si è affermato che il diritto del figlio a uno status conforme al dato biologico, nonché all’identità e a uno sviluppo libero e autonomo della propria personalità, non assurge ad un livello di tutela assoluta e incondizionata, ma va ragionevolmente bilanciato ed appare nettamente recessivo all’interesse della coppia alla filiazione e, più precisamente, rispetto al diritto della coppia a non subire interferenze nell’esercizio della propria libertà di formare una famiglia con figli. Altro problema evidenziato dall'Autrice e derivante dal ricorso a determinate tecniche di procreazione, che pure si impone all’attenzione del giurista , stante il definitivo riconoscimento della fecondazione eterologa nel nostro sistema giuridico, attiene alla posizione giuridica e ai margini di tutela del profilo identitario del nato da fecondazione eterologa rispetto alla sua dimensione biologica. Dalle riflessioni svolte, emerge con tutta evidenza che il tema della fecondazione eterologa – che la pronuncia della Consulta ha nuovamente (im)posto all’attenzione del giurista – si presta a molteplici spunti di analisi e di riflessione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.