Originato entro l’estensivo perimetro esperienziale del found footage film, Miss Candace Hilligoss' flickering halo (2011) di Fabio Scacchioli e Vincenzo Core – selezionato in concorso, nel 2011, nella sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia così come in un considerevole numero di altri festival internazionali, conseguendo molti premi – a partire dalle iniziali battute della sua ipercinetica tessitura esibisce caratteri inequivoci circa una processualità di investimento segnico ottico-sonoro di notevole profilo, articolando lungo i suoi circa 14 minuti una scrittura antitetica e destabilizzante rispetto alla linearità dei modelli rappresentativi filmici, alle sue grammatiche e retoriche, ai suoi portati più o meno prevedibili. E dove il principale gradiente abilitato nell’esercizio discorsivo, lo sfarfallio (effetto flicker), l’intermittenza delle immagini (cara all’esperienza cinematografica strutturalista degli anni Sessanta, da Peter Kubelka a Paul Sharits e a Tony Conrad), diviene il perno dinamico di un’acuminata esplorazione performativa sul quadrante della percezione, sulla relazione complessa tra sguardo (e ascolto), immagine e senso entro una determinazione di coordinate spazio-temporali che non contraggono più debito alcuno con quelle convenzionalmente offerte alla fruizione spettatoriale. Pervenendo limpidamente a testimoniare come espressività, riflessività, emozionalità, a partire dalla decisa ed originale sollecitazione di una manciata di residui di quello sterminato archivio del visibile (e dell’udibile) novecentesco che ha nome cinema, possono continuare a manifestarsi non poco intensamente incrociando sguardi/ascolti non ancora del tutto saturati, territori immaginativi non ancora del tutto colonizzati.

Nello spasmo della visione: Miss Candace Hilligoss' flickering halo (2011) di Scacchioli-Core

Latini G
2013-01-01

Abstract

Originato entro l’estensivo perimetro esperienziale del found footage film, Miss Candace Hilligoss' flickering halo (2011) di Fabio Scacchioli e Vincenzo Core – selezionato in concorso, nel 2011, nella sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia così come in un considerevole numero di altri festival internazionali, conseguendo molti premi – a partire dalle iniziali battute della sua ipercinetica tessitura esibisce caratteri inequivoci circa una processualità di investimento segnico ottico-sonoro di notevole profilo, articolando lungo i suoi circa 14 minuti una scrittura antitetica e destabilizzante rispetto alla linearità dei modelli rappresentativi filmici, alle sue grammatiche e retoriche, ai suoi portati più o meno prevedibili. E dove il principale gradiente abilitato nell’esercizio discorsivo, lo sfarfallio (effetto flicker), l’intermittenza delle immagini (cara all’esperienza cinematografica strutturalista degli anni Sessanta, da Peter Kubelka a Paul Sharits e a Tony Conrad), diviene il perno dinamico di un’acuminata esplorazione performativa sul quadrante della percezione, sulla relazione complessa tra sguardo (e ascolto), immagine e senso entro una determinazione di coordinate spazio-temporali che non contraggono più debito alcuno con quelle convenzionalmente offerte alla fruizione spettatoriale. Pervenendo limpidamente a testimoniare come espressività, riflessività, emozionalità, a partire dalla decisa ed originale sollecitazione di una manciata di residui di quello sterminato archivio del visibile (e dell’udibile) novecentesco che ha nome cinema, possono continuare a manifestarsi non poco intensamente incrociando sguardi/ascolti non ancora del tutto saturati, territori immaginativi non ancora del tutto colonizzati.
2013
found footage film
sperimentazione audiovisiva
Scacchioli-Core
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12606/26819
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