Gli effetti collaterali e non transitori del lockdown dovuti alla diffusione del Covid-19, che hanno improvvisamente ammutolito e desertificato i nostri centri urbani, portano oggi a riflettere sul futuro delle nostre città in termini di spazio pubblico da abitare. La condizione di crisi sanitaria, sociale, politica ed economica prodotta dalla pandemia, se da un lato ha messo a dura prova le nostre città e la qualità della vita in generale, dall’altro ha generato una maggiore consapevolezza per ripensare strategicamente e velocemente la porosità dello spazio pubblico da riqualificare, definendo azioni e pratiche urbane temporanee e inclusive per garantire nuovi servizi e attività nei luoghi della collettività. Nell’attuale momento di incertezza e di attesa per il ritorno ad una nuova normalità, ‘la dimensione attiva del progetto’ è in grado di offrire un’opportunità per innescare nuovi interventi ‘collettivi’ rigenerativi sostenibili di tipo pop-up, che prendono vita dai vincoli dettati dal contesto e dalle condizioni estreme al contorno. I luoghi vengono trasformati con azioni strategiche temporanee attivate da gruppi multidisciplinari mediante processi bottom up e progetti top down che si caratterizzano nello scenario internazionale per inclusività sociale, semplicità attuativa, dimensione ‘micro’, carattere ‘play’, immagine informale e aspetto costruttivo low-profile. Il saggio riporta alcune sperimentazioni progettuali di tipo pop-up, realizzate negli ultimi anni prevalentemente in ambito europeo da collettivi di designer attivisti del cambiamento e da gruppi di progettisti operanti sul territorio nazionale italiano, nelle quali si possono individuare azioni strategiche ‘leggere’ di allestimento e di re-design dello spazio pubblico. Le modalità di intervento di questi progetti possono divenire riferimento nelle azioni di riqualificazione dei luoghi collettivi, conciliando la sicurezza con i bisogni di socialità, convivialità e fruizione, per offrire una ‘seconda vita’ ai luoghi di scarto e di margine. Gli spazi di ‘soglia’, intermedi e privi di un disegno compiuto all’origine, possono essere ri-abitati in piena libertà dai singoli individui che si riappropriano in modo ‘informale’ dello spazio pubblico, sentendosi parte di una comunità più ampia, sempre più consapevoli del valore del bene comune. I luoghi della collettività hanno così la possibilità di trasformarsi in spazi effimeri di sperimentazione progettuale, da ‘allestire’ e non da ‘costruire’, ‘aperti’ alla condivisione e ‘flessibili’ all’interazione sociale.

La dimensione attiva del progetto. Strategie di allestimento e re-design dello spazio pubblico

BIANCHI R
2022-01-01

Abstract

Gli effetti collaterali e non transitori del lockdown dovuti alla diffusione del Covid-19, che hanno improvvisamente ammutolito e desertificato i nostri centri urbani, portano oggi a riflettere sul futuro delle nostre città in termini di spazio pubblico da abitare. La condizione di crisi sanitaria, sociale, politica ed economica prodotta dalla pandemia, se da un lato ha messo a dura prova le nostre città e la qualità della vita in generale, dall’altro ha generato una maggiore consapevolezza per ripensare strategicamente e velocemente la porosità dello spazio pubblico da riqualificare, definendo azioni e pratiche urbane temporanee e inclusive per garantire nuovi servizi e attività nei luoghi della collettività. Nell’attuale momento di incertezza e di attesa per il ritorno ad una nuova normalità, ‘la dimensione attiva del progetto’ è in grado di offrire un’opportunità per innescare nuovi interventi ‘collettivi’ rigenerativi sostenibili di tipo pop-up, che prendono vita dai vincoli dettati dal contesto e dalle condizioni estreme al contorno. I luoghi vengono trasformati con azioni strategiche temporanee attivate da gruppi multidisciplinari mediante processi bottom up e progetti top down che si caratterizzano nello scenario internazionale per inclusività sociale, semplicità attuativa, dimensione ‘micro’, carattere ‘play’, immagine informale e aspetto costruttivo low-profile. Il saggio riporta alcune sperimentazioni progettuali di tipo pop-up, realizzate negli ultimi anni prevalentemente in ambito europeo da collettivi di designer attivisti del cambiamento e da gruppi di progettisti operanti sul territorio nazionale italiano, nelle quali si possono individuare azioni strategiche ‘leggere’ di allestimento e di re-design dello spazio pubblico. Le modalità di intervento di questi progetti possono divenire riferimento nelle azioni di riqualificazione dei luoghi collettivi, conciliando la sicurezza con i bisogni di socialità, convivialità e fruizione, per offrire una ‘seconda vita’ ai luoghi di scarto e di margine. Gli spazi di ‘soglia’, intermedi e privi di un disegno compiuto all’origine, possono essere ri-abitati in piena libertà dai singoli individui che si riappropriano in modo ‘informale’ dello spazio pubblico, sentendosi parte di una comunità più ampia, sempre più consapevoli del valore del bene comune. I luoghi della collettività hanno così la possibilità di trasformarsi in spazi effimeri di sperimentazione progettuale, da ‘allestire’ e non da ‘costruire’, ‘aperti’ alla condivisione e ‘flessibili’ all’interazione sociale.
2022
978-88-498-7355-9
exhibit and public design, bricolage, lockdown, temporaneità, low-strategies
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12606/2480
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