Nel titolo del noto romanzo di Cain si legge che “il postino suona sempre due volte”, quale evidente metafora del destino che passa a riscuotere il suo conto. E l’agente della riscossione? Suona almeno una volta all’anno... inesorabile, a riscuotere il suo conto. Anzi, suona ogni anno proprio perché, per varie ragioni, non lo riscuote (quasi) mai; egli invero sovente non procede alla esecuzione, piuttosto preferisce “riattivarla” ripetutamente, mediante reiterate intimazioni ad adempiere, che comunemente vengono chiamate “avvisi di intimazione”. Tale prassi era diffusa, e contestata, anche in passato, con riferimento agli “antenati” delle attuali intimazioni, e cioè le ingiunzioni fiscali e poi gli avvisi di mora. Nella pratica avviene che, siccome le intimazioni ad adempiere perdono efficacia dopo un anno senza che sia stata avviata la esecuzione (art. 50, comma 3, d.p.r. n. 602 del 1972), così come gli avvisi di mora divenivano inefficaci dopo 6 mesi, ecco che l’Agente della riscossione, il quale “per scrupolo” non abbia iniziato l’esecuzione, neppure in forma frazionata (perché ad esempio il debito fondamentale sia oggetto di impugnazione), viene colto dall’ulteriore “scrupolo” di non incorrere in decadenze o prescrizioni imprecisate e quindi si perita di rinotificare altra intimazione. E poi, dopo un anno, ancora un'altra. E così via… Quando poi il contribuente impugni la prima o la seconda, si pone il problema di come correlare i vari giudizi su di esse, giudizi su atti di intimazione diversi, ma tra le stesse parti, fondati sul medesimo atto impositivo. Ove il contribuente abbia impugnato entrambe, l’Agente della riscossione si costituisce assumendo che la prima avrebbe perso efficacia e poi sostiene che era doveroso l’invio della seconda onde non incorrere in (imprecisate) decadenze; ove mai, al contrario, il contribuente abbia omesso di impugnarne qualcuna, ecco che l’Agente della riscossione in giudizio sostiene invece la definitività di quella non impugnata e quindi la preclusione rispetto alla impugnazione per le medesime ragioni di tutte le successive. Questo in effetti è stato l’esito della nota sentenza della Suprema Corte (pur riferita ancora agli avvisi di mora e non agli avvisi di intimazione) relativa al caso del calciatore Maradona; detta sentenza ha ritenuto si fossero consolidati, per mancata impugnazione, i primi avvisi di mora notificati, desumendone l’inammissibilità dell’impugnazione da parte del calciatore del solo ultimo avviso di mora reiterato nel tempo. Così poste, sinteticamente, le domande e i dubbi concreti, determinati dalla prassi della reiterazione delle intimazioni, ci si rende immediatamente conto di quanto una fattispecie che tutto sommato appare marginale e semplice possa involgere in realtà questioni sistematiche di non poco momento. Il problema, concreto, fornisce invero una occasione per affrontarne alcune interessanti implicazioni sul piano teorico, con riguardo alla specifica portata effettuale degli atti di avvio della esecuzione tributaria, in particolare di quelli che, come l’avviso di intimazione, sono soltanto eventuali (pur se, nella pratica, ricorrenti) e per di più, dopo un anno, perdono efficacia e debbono essere reiterati. Nello specifico, il tema consente di riflettere sulla legittimità di una siffatta reiterazione, ferma la sua evidente inopportunità, e circa la tutela del contribuente avverso di essa ed eventualmente di studiare le interrelazioni tra i vari giudizi di impugnazioni contro i (differenti) avvisi di intimazione notificati allo stesso soggetto in relazione alla medesima pretesa impositiva (totalmente o parzialmente coincidente). Poi è interessante chiedersi in relazione al peculiare svolgersi dello schema procedimentale tributario - che, attraverso una serie (sempre più ridotta) di atti impugnabili, dalla imposizione porta alla esecuzione - se vi possa essere un consolidamento degli effetti degli atti di intimazione in caso di loro mancata impugnazione. Il tema è delicato e va ricostruito in base all’oggetto di tali atti, definito dalla loro funzione, ossia la reiterazione dell’intimazione ad adempiere e la legittimazione per un anno dell’avvio dell’esecuzione. In altri termini, ci si chiede: se il contribuente non impugna il primo, il secondo o il terzo di questi (identici) avvisi di intimazione della medesima pretesa, che accade? Cosa si consolida? La pretesa impositiva o semplicemente, come si ritiene, il diritto ad avviare l’esecuzione? Gli avvisi di intimazione, pur solo eventuale trait d’union tra riscossione ed esecuzione, vengono dunque ad evidenziare, proprio per la prassi di reiterarli negli anni, problematiche non indifferenti nella dinamica della esecuzione forzata tributaria, che vanno studiate ed approfondite sul piano degli effetti e delle tutele, per ricondurre a sistema un passaggio che, specie dopo la concentrazione della riscossione nell’accertamento a seguito della riforma del 2010, è sempre più utilizzato e talora abusato.
La reiterazione delle intimazioni per l'avvio dell'esecuzione forzata. Effetti e tutele
Caterina Corrado Oliva
2024-01-01
Abstract
Nel titolo del noto romanzo di Cain si legge che “il postino suona sempre due volte”, quale evidente metafora del destino che passa a riscuotere il suo conto. E l’agente della riscossione? Suona almeno una volta all’anno... inesorabile, a riscuotere il suo conto. Anzi, suona ogni anno proprio perché, per varie ragioni, non lo riscuote (quasi) mai; egli invero sovente non procede alla esecuzione, piuttosto preferisce “riattivarla” ripetutamente, mediante reiterate intimazioni ad adempiere, che comunemente vengono chiamate “avvisi di intimazione”. Tale prassi era diffusa, e contestata, anche in passato, con riferimento agli “antenati” delle attuali intimazioni, e cioè le ingiunzioni fiscali e poi gli avvisi di mora. Nella pratica avviene che, siccome le intimazioni ad adempiere perdono efficacia dopo un anno senza che sia stata avviata la esecuzione (art. 50, comma 3, d.p.r. n. 602 del 1972), così come gli avvisi di mora divenivano inefficaci dopo 6 mesi, ecco che l’Agente della riscossione, il quale “per scrupolo” non abbia iniziato l’esecuzione, neppure in forma frazionata (perché ad esempio il debito fondamentale sia oggetto di impugnazione), viene colto dall’ulteriore “scrupolo” di non incorrere in decadenze o prescrizioni imprecisate e quindi si perita di rinotificare altra intimazione. E poi, dopo un anno, ancora un'altra. E così via… Quando poi il contribuente impugni la prima o la seconda, si pone il problema di come correlare i vari giudizi su di esse, giudizi su atti di intimazione diversi, ma tra le stesse parti, fondati sul medesimo atto impositivo. Ove il contribuente abbia impugnato entrambe, l’Agente della riscossione si costituisce assumendo che la prima avrebbe perso efficacia e poi sostiene che era doveroso l’invio della seconda onde non incorrere in (imprecisate) decadenze; ove mai, al contrario, il contribuente abbia omesso di impugnarne qualcuna, ecco che l’Agente della riscossione in giudizio sostiene invece la definitività di quella non impugnata e quindi la preclusione rispetto alla impugnazione per le medesime ragioni di tutte le successive. Questo in effetti è stato l’esito della nota sentenza della Suprema Corte (pur riferita ancora agli avvisi di mora e non agli avvisi di intimazione) relativa al caso del calciatore Maradona; detta sentenza ha ritenuto si fossero consolidati, per mancata impugnazione, i primi avvisi di mora notificati, desumendone l’inammissibilità dell’impugnazione da parte del calciatore del solo ultimo avviso di mora reiterato nel tempo. Così poste, sinteticamente, le domande e i dubbi concreti, determinati dalla prassi della reiterazione delle intimazioni, ci si rende immediatamente conto di quanto una fattispecie che tutto sommato appare marginale e semplice possa involgere in realtà questioni sistematiche di non poco momento. Il problema, concreto, fornisce invero una occasione per affrontarne alcune interessanti implicazioni sul piano teorico, con riguardo alla specifica portata effettuale degli atti di avvio della esecuzione tributaria, in particolare di quelli che, come l’avviso di intimazione, sono soltanto eventuali (pur se, nella pratica, ricorrenti) e per di più, dopo un anno, perdono efficacia e debbono essere reiterati. Nello specifico, il tema consente di riflettere sulla legittimità di una siffatta reiterazione, ferma la sua evidente inopportunità, e circa la tutela del contribuente avverso di essa ed eventualmente di studiare le interrelazioni tra i vari giudizi di impugnazioni contro i (differenti) avvisi di intimazione notificati allo stesso soggetto in relazione alla medesima pretesa impositiva (totalmente o parzialmente coincidente). Poi è interessante chiedersi in relazione al peculiare svolgersi dello schema procedimentale tributario - che, attraverso una serie (sempre più ridotta) di atti impugnabili, dalla imposizione porta alla esecuzione - se vi possa essere un consolidamento degli effetti degli atti di intimazione in caso di loro mancata impugnazione. Il tema è delicato e va ricostruito in base all’oggetto di tali atti, definito dalla loro funzione, ossia la reiterazione dell’intimazione ad adempiere e la legittimazione per un anno dell’avvio dell’esecuzione. In altri termini, ci si chiede: se il contribuente non impugna il primo, il secondo o il terzo di questi (identici) avvisi di intimazione della medesima pretesa, che accade? Cosa si consolida? La pretesa impositiva o semplicemente, come si ritiene, il diritto ad avviare l’esecuzione? Gli avvisi di intimazione, pur solo eventuale trait d’union tra riscossione ed esecuzione, vengono dunque ad evidenziare, proprio per la prassi di reiterarli negli anni, problematiche non indifferenti nella dinamica della esecuzione forzata tributaria, che vanno studiate ed approfondite sul piano degli effetti e delle tutele, per ricondurre a sistema un passaggio che, specie dopo la concentrazione della riscossione nell’accertamento a seguito della riforma del 2010, è sempre più utilizzato e talora abusato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.