Oggetto del presente volume di studi sono alcuni istituti, che potrebbero definirsi “minori”, fra quelli disciplinati dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ma non per questo da ritenere di scarsa importanza, caratterizzati dal porsi essi, quanto meno in principio, come espressione diretta, nel delicato territorio oggi interessato da quel Codice, dell’autonomia privata. Nei sistemi di governo delle crisi finanziarie delle imprese, gli strumenti privatistici hanno da sempre avuto, almeno a livello di prassi, spazio e riconoscimento. Del resto, i primi complessi di norme fallimentari, quelli risalenti alle legislazioni statutarie italiane dell’età intermedia, si formarono proprio recependo principi e regole scaturiti dalle pratiche mercantili. I pregi e gli inconvenienti delle forme di gestione puramente privatistica delle crisi sono troppo noti perché sia il caso di soffermarvisi in questa sede. Quel che qui importa sottolineare è che tali forme hanno avuto nel tempo fortune alterne, oltre che fortune diverse nei vari ordinamenti. L’ordinamento italiano è stato per lungo tempo ad esse fondamentalmente ostile e solo di recente l’atteggiamento è radicalmente mutato. Grande merito del legislatore della riforma organica delle procedure concorsuali del 2005-2007 è stato proprio quello di aver consacrato questo nuovo atteggiamento, con l’introduzione nella legge fallimentare delle originali figure del piano attestato di risanamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, alle quali nel 2015 si è aggiunta la ulteriore figura della convenzione di moratoria.
La continuità aziendale, il riequilibrio canonico-finanziario ed il processo di attestazione di un piano di risanamento: le complessità da affrontare
Alberto Tron Alvarez
2021-01-01
Abstract
Oggetto del presente volume di studi sono alcuni istituti, che potrebbero definirsi “minori”, fra quelli disciplinati dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ma non per questo da ritenere di scarsa importanza, caratterizzati dal porsi essi, quanto meno in principio, come espressione diretta, nel delicato territorio oggi interessato da quel Codice, dell’autonomia privata. Nei sistemi di governo delle crisi finanziarie delle imprese, gli strumenti privatistici hanno da sempre avuto, almeno a livello di prassi, spazio e riconoscimento. Del resto, i primi complessi di norme fallimentari, quelli risalenti alle legislazioni statutarie italiane dell’età intermedia, si formarono proprio recependo principi e regole scaturiti dalle pratiche mercantili. I pregi e gli inconvenienti delle forme di gestione puramente privatistica delle crisi sono troppo noti perché sia il caso di soffermarvisi in questa sede. Quel che qui importa sottolineare è che tali forme hanno avuto nel tempo fortune alterne, oltre che fortune diverse nei vari ordinamenti. L’ordinamento italiano è stato per lungo tempo ad esse fondamentalmente ostile e solo di recente l’atteggiamento è radicalmente mutato. Grande merito del legislatore della riforma organica delle procedure concorsuali del 2005-2007 è stato proprio quello di aver consacrato questo nuovo atteggiamento, con l’introduzione nella legge fallimentare delle originali figure del piano attestato di risanamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, alle quali nel 2015 si è aggiunta la ulteriore figura della convenzione di moratoria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.