Il tema dell’attestazione dei piani di risanamento nei casi di risoluzione delle crisi d’impresa, nelle tre forme previste dalla riformata legge fallimentare, rappresenta argomento assai complesso, privo di regole chiare e certe che ne possano tracciare percorsi predefiniti da applicare pedissequamente, su cui il professionista chiamato a svolgere tale compito possa fare affidamento1. L’importanza del tema deriva dal fatto che i piani di risanamento, al fine di poter essere utilizzati in uno degli istituti giuridici di composizione della crisi d’impresa, devono necessariamente essere sottoposti al vaglio di un professionista che attesti la veridicità dei dati su cui il piano è stato redatto, la fattibilità del medesimo piano (artt. 67 e 161 L.F.) o l’attuabilità dell’accordo (art. 182-bis)2. La modifica della prospettiva della legge fallimentare da liquidatoria a conservativa ha necessitato la presenza di elementi esterni, privatistici, che potessero sostenere e validare l’iniziativa dell’imprenditore e i costi del risanamento. Il legislatore ha, infatti, ritenuto di valorizzare il ruolo del professionista, quale tecnico d’impresa, con acclarate capacità di natura economico-aziendale, cui affidare il ruolo di garante della proposta di composizione concordata avanzata dall’impresa in crisi; la capacità di autocertificazione da parte dell’imprenditore e degli advisor, redattori del piano di risanamento alla base della proposta concordata, è stata ritenuta, infatti, da parte del legislatore della riforma fallimentare, non affidabile
Attestazione dei piani di risanamento
TRON A
2013-01-01
Abstract
Il tema dell’attestazione dei piani di risanamento nei casi di risoluzione delle crisi d’impresa, nelle tre forme previste dalla riformata legge fallimentare, rappresenta argomento assai complesso, privo di regole chiare e certe che ne possano tracciare percorsi predefiniti da applicare pedissequamente, su cui il professionista chiamato a svolgere tale compito possa fare affidamento1. L’importanza del tema deriva dal fatto che i piani di risanamento, al fine di poter essere utilizzati in uno degli istituti giuridici di composizione della crisi d’impresa, devono necessariamente essere sottoposti al vaglio di un professionista che attesti la veridicità dei dati su cui il piano è stato redatto, la fattibilità del medesimo piano (artt. 67 e 161 L.F.) o l’attuabilità dell’accordo (art. 182-bis)2. La modifica della prospettiva della legge fallimentare da liquidatoria a conservativa ha necessitato la presenza di elementi esterni, privatistici, che potessero sostenere e validare l’iniziativa dell’imprenditore e i costi del risanamento. Il legislatore ha, infatti, ritenuto di valorizzare il ruolo del professionista, quale tecnico d’impresa, con acclarate capacità di natura economico-aziendale, cui affidare il ruolo di garante della proposta di composizione concordata avanzata dall’impresa in crisi; la capacità di autocertificazione da parte dell’imprenditore e degli advisor, redattori del piano di risanamento alla base della proposta concordata, è stata ritenuta, infatti, da parte del legislatore della riforma fallimentare, non affidabileI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.